Un “atto generativo” che deve essere costruito insieme
Ancora una volta a parlare di cambiamento, direte. Siamo tutti stufi di sentire che esso è:
- Inevitabile – le nostre cellule continuano a trasformarsi ogni giorno.
- Faticoso – ci fa uscire dalla nostra zona di comfort, per entrare in una di stress, almeno inizialmente.
- Una grande opportunità – nell’osare qualcosa di nuovo.
Pensare però al cambiamento come atto generativo, ne facilita la diffusione e consente alle persone di traghettarlo verso il futuro. Generare il cambiamento significa innanzitutto costruirlo insieme. La natura stessa nel suo “generare” attinge a più soggetti – non solo a noi esseri umani, ma anche ad animali e piante – attivando la response ability (abilità a rispondere) di ognuno. Questo permette di tenere nella comprensione del “senso”, i desideri, le passioni e la curiosità. Così il cambiamento diventa una dimensione collegiale, da maneggiare insieme agli altri attori in esso coinvolti. Dalla vitalità, dalle contraddizioni e dalle ambivalenze delle organizzazioni incontrate con i colleghi di Peoplerise, abbiamo appreso che il movimento di cambiamento ha senso se accompagnato dalle seguenti azioni:
- Ascoltare e valorizzare indizi, segnali, richieste improprie
- Assumere le richieste di riconoscimento proprie e altrui
- Costruire ipotesi che possano essere esplicitate e discusse, non date per scontate
- Da lì, far crescere dei riconoscimenti che accomunano
- Costruire tasselli di fiducia tra gli interlocutori che si incontrano e riconoscono sul campo
- Contenere la paura di raccogliere segnali disconfermanti
La ricerca di modi più pertinenti di capire ed entrare nel cambiamento equivale alla ricerca di una volontà politica, rivolta a costruire dei modi più congruenti di continuare a vivere, produrre e riorientare idee, pratiche, decisioni verso mete che non saranno definitive, ma un passaggio per ulteriori cime, spazi, assetti.
Ilaria Buccioni, Peoplerise