Per molti la sfida è quella di avviare i motori della ripartenza, ma in verità non ci siamo mai fermati. Nonostante il blocco o il rallentamento di molte attività, stiamo assistendo ad una accelerazione e alla rottura delle tante “latenze” sedimentate negli anni. Siamo dentro un tempo “riflessivo”, prezioso che ci sta restituendo categorie di valore, di significato sopite o annebbiate da una “normalità” che in molti non desiderano più voler “come prima”. Ci si accorge perciò che in gioco non c’è appena la ripartenza del nostro Paese, bensì la costruzione del dopo. Costruire il futuro come azione del presente, è la responsabilità a cui son chiamate tutte le istituzioni: economiche e sociali, pubbliche e private, profit e non profit. Serve infatti una tensione “contributiva”, una spinta potente ancorata a orizzonti “buoni e giusti” capaci di farci realmente progredire. Le crisi non sono altro che cambiamenti che sollecitano un cambiamento: più la crisi è profonda, più la domanda d’innovazione deve essere radicale. Il progresso non è una mera crescita, ma un cambiamento verso il meglio e quindi postula un incremento di valore, di senso: diventa centrale capire il “come” e il “perché” si avanza. Sta in questo la ragion d’essere delle Terzo Settore e di tutte le organizzazioni che fanno della relazionalità la propria cifra distintiva. Essere costruttori di futuro significa ambire a costruirlo in maniera relazionale, auto-organizzando le comunità intorno a obiettivi condivisi e comuni. Persino una scienza dura come la fisica ha riconosciuto che alla base di tutto c’è la relazione. Sono le relazioni fra le molecole che danno origine e consistenza all’idea stessa di realtà (materia). Lo stesso accade rispetto alla costruzione del futuro, raccontata da Italo Calvino in “Le città invisibili” attraverso il dialogo fra Marco Polo e Kublai Kan. “Ma qual è la pietra che sostiene il ponte? – chiede Kublai –. Il ponte non è sostenuto da questa o quella pietra – risponde Marco, – ma dalla linea dell’arco che esse formano”. Kublai Kan soggiunge: “Perché mi parli delle pietre? È solo dell’arco che m’importa”. E Marco Polo: “Senza pietre non c’è arco.” Come le pietre rendono reale e possibile un arco, così il dono e la reciprocità sono la premessa per un futuro buono. Lo sviluppo sostenibile ha un enorme bisogno della società civile. L’umanità, infatti, fiorisce dentro una dimensione relazionale dove al centro risiedono comportamenti e norme sociali e non solo un governo e una democrazia efficienti.
Paolo Venturi, Direttore AICCON – Università di Bologna