La crisi del Coronavirus ha aperto un vuoto davanti ai nostri occhi. Un vuoto multiforme. Un vuoto sanitario, sociale ed economico. Mai come oggi è evidente come queste tre dimensioni non possano prescindere l’una dall’altra.
Ma quando un evento esogeno, tanto più se inatteso, costringe il corpo sociale a pensarsi diversamente, quel vuoto diventa una occasione straordinaria e inaudita di generazione di innovazione sociale, di ricostruzione civica ed economica. Da dove ripartire dunque? Chi come VITA, da 26 anni sulla fondamenta di una alleanza fra società civile e giornalisti, si occupa di comunicazione sociale il tanto evocato cambio di paradigma non può che coincidere con una riflessione su come generare bene comune attraverso il nostro lavoro. Informare e comunicare, sono due termini chiave. Il primo ha a che fare con la capacità di portare nel dibattito pubblico notizie che altrimenti rimarrebbero confinate nei circuiti ristretti di chi si occupa di welfare. Comunicare significa mettere in comune. Alla produzione di informazione si aggiunge la dimensione valoriale della condivisione di un modo di concepire la società e quindi di un modo di stare al mondo. Oggi però questi due parametri sono insufficienti. O quanto meno noi di VITA tali le sentiamo. Occorre uscire dal dualismo ed introdurre una dinamica trasformativa a cui orientare l’informazione e la comunicazione sociale. I contenuti e le relazioni che ogni mese mettiamo su carta e ogni giorno sul nostro sito e nei tanti tavoli digitali (i “web talk” di vita.it) dovranno avere come fine non semplicemente un trasferimento e condivisione di conoscenze e valori, ma la trasformazione di prassi e policy dell’azione pubblica e privata. L’obiettivo è questo: una comunicazione ad alto impatto sociale e politico, che porti la responsabilità dell’interesse generale. Dovremo esserne all’altezza.
Stefano Arduini, Direttore di VITA