È passata una settimana dal rientro in Italia e ancora non ho avuto modo di metabolizzare il vortice di emozioni che questa esperienza appena conclusa ha portato con sé.
Viaggiare è come riscoprire un po’ se stessi e in effetti passare un mese all’estero, adattandomi ad una nuova routine mi ha fatto essere me al 100%: una persona che ama scoprire, conoscere persone nuove, empatizzare con loro, ridere, scherzare, condividere, meravigliarsi e fare esperienze diverse ogni giorno.
Ma partiamo dall’inizio.
Nell’ambito del progetto Erasmus+, con Bottega del Terzo settore, siamo capofila di un partenariato che comprende quattro scuole superiori del territorio marchigiano. Ogni anno diamo la possibilità a decine e decine di ragazzi e ragazze di svolgere un tirocinio all’estero, inerente il proprio percorso di studi, della durata di uno o più mesi. I tutor che solitamente accompagnano i ragazzi sono soci di Bottega o persone con profili professionali in linea con il ruolo…e cosa ho deciso di fare io quest’anno? Di abbandonare per un po’ la mia scrivania e partire con un gruppo che sarebbe andato in Spagna, a Siviglia.
Avevo un po’ di paura, di ansia? Beh io faccio un lavoro che mi fa stare sempre a contatto con le persone ma condividere la quotidianità e tutto ciò che avrebbe comportato, con dodici adolescenti, in effetti era del tutto nuovo. Sarei stata capace? Sarei stata un buon punto di riferimento?
I timori li ho lasciati direttamente in aeroporto perché ho capito fin da subito che un’esperienza del genere avrebbe potuto solo arricchirmi.
C’è chi andava all’estero per la prima volta, chi non aveva mai lasciato i propri genitori, chi non conosceva la lingua, chi non aveva mai lavorato. “Come si fa una lavatrice?”, “Come si usa Google Maps?”, “Lavorare 30 ore a settimana è stancante, non so se riesco”, “Non l’ho mai fatto, non mi sento sicuro”.
E quindi com’è andata? Chi lo chiede a me sa già la riposta, per me è stata solo una conferma ma vedere volti diffidenti e impauriti trasformarsi in occhi lucidi, promesse e forti abbracci mi fa capire che ricredersi, a volte, è anche meglio.
Torniamo tutti con un bagaglio esperienziale strabordante rispetto a come siamo partiti e me lo dice il “Mi manchi” di Ludovica, il “Voglio tornare a Siviglia, mi hanno offerto un lavoro per il prossimo anno” di Giada, il “Nel 2022 Malta, nel 2023 la Spagna…faccio domanda anche il prossimo anno” di Elisa, il “Siamo diventati una famiglia” di Lorenzo, il “E adesso come faccio senza tutti voi?” di Valeria e poi “Lo scorso Erasmus ho visitato più posti, questo invece è stato più ricco a livello affettivo” di Matilde.
Sono fiera del gruppo che ho conosciuto, di come sono entrati in sintonia fra loro, del supporto e dell’appoggio che si sono dati reciprocamente, delle amicizie che sono nate, del fatto che:
le paure si siano trasformate in coraggio;
la svogliatezza iniziale in desiderio di fare sempre meglio;
la paura di partire in desiderio di restare.
Sono felice di come tutti o almeno la maggior parte sia uscita da un comfort zone che io, invece, difficilmente avrei abbandonato alla loro età.
(…)
Viaggiate
ché viaggiare insegna a resistere
a non dipendere
ad accettare gli altri non solo
per quello che sono
ma anche per quello che non
potranno mai essere,
a conoscere di cosa siamo capaci
a sentirsi parte di una famiglia
oltre frontiere, oltre confini,
oltre tradizioni e cultura,
viaggiare insegna a essere oltre.Viaggiate
ché sennò poi finite a credere
che siete fatti solo per un panorama
e invece dentro voi
esistono paesaggi meravigliosi
ancora da visitare.Gio Evan
di Claudia Pucciarelli